Barcamenàti: il commento del tifoso all’ IMPRESA della Roma in Champions

Oggi sono incazzato, incazzato
nero e pieno di rimpianti. Se alle medie ed al liceo avessi anche solo un po’,
seguito le ore di epica, oggi saprei come buttare giù questo articolo.
Ma una copia riciclata di
Supertifo, il fantacalcio e altre prelibatezze mi hanno sempre attratto più
di Enea, del Padre Anchise, di Circe, dei proci, di Telemaco e del cavallo di
Troia.
Il cane Argo invece mi piaceva,
riconosce il padrone ma non si fa capire dal nemico. Grande cagnone Argo,
fedele e intelligente. Qualità che, di questo passo, a breve troveremo solo nei pelosi.
Aspettate un attimo, mi è venuta
in mente una cosa: Ettore mi affascinava! Questo eroe buono, dedito alla
famiglia, valoroso ancor più nella consapevolezza della sconfitta, mi aveva
conquistato.
Non posso dire di ricordare bene
le pagine che descrivono il duello con Achille (eroe di plastica costruito in
laboratorio e tirato fuori dai guai da continui “aiuti esterni” che non potevo apprezzare) ma ricordo che
erano pagine bellissime, cruente e quasi ipnotiche.

Penso di essermi approcciato al
sorteggio di Champions come Ettore a quel duello; ero convinto che il Barcellona
avrebbe annichilito la Roma col gioco e con la classe dei suoi campioni,
imprimendo a fuoco il marchio della sua superiorità sulla pelle della sfida;
invece, alla fine della partita di andata, ero convinto di aver perso l’occasione
di qualificarci fuori casa, e che la tutto fosse compromesso.
Ma non perché
i catalani fossero stati superiori, ma solo a causa del fatto che la Roma fosse stata schiacciata
dalla timidezza tipica di chi ha poca esperienza internazionale.

Di Francesco aveva studiato bene
il Barca: la difesa a 5 metri dal centrocampo toglieva loro il tiki-taka, la gabbia
su Messi funzionava senza affanni, da dietro si ripartiva palleggiando e senza
buttarla via, Florenzi e Peres tenevano bene a bada le scorribande di Jordi
Alba, Manolas trattava Suarez come un attaccante qualunque. Insomma, la Roma
era in partita. Ma ne sembrava sorpresa, quasi atterrita; come uno scalatore che, salendo a
buon ritmo, invece di proseguire senza incertezze si fermasse  a guardare in
basso e restasse terrorizzato dal vuoto che egli stesso ha creato sotto di sé.
Così ecco arrivare gli autogol, e
le mezze papare di un fenomeno come Allison (terzo gol).
Ad un esame del dna,
statene certi, sarebbero risultati figli naturali di questo timore reverenziale, le
ripartenze accompagnate da pochi uomini cugini di primo grado di quello sguardo
verso l’abisso.
L’arbitro che non dà rigori netti
come quello su Dzeko o su Pellegrini era figlio anche lui, ma non posso dirvi
di chi. Lo sapete tutti.

Così ieri sera non sapevo se
augurarmi una morte veloce che permettesse di risparmiare energie per il derby
(se il Barca avesse segnato subito avrebbe trascinato il cadavere della Roma per
il resto della gara come fece Achille con Ettore) o di sperare nella serata
storica. 
Sperare, per il tifoso romanista, è
una pericolosissima arma a doppio taglio, uno scivolo altissimo che dall’illusione
porta a velocità supersonica nella vasca vuota della beffa.

Purtroppo sono un romantico e, l’Olimpico
pieno a quel modo, la Sud che fa la Sud, lo sguardo e la vena di De Rossi mi
bastano per sperare, per salire la lunga scalinata di quel maledetto scivolo.
Così alle 20.45 ero in piedi sullo
scivolo, ad attendere il via del bagnino. E’ arrivato puntuale come un orologio
svizzero. Alla prima curva (la curva Dzeko) la velocità era sopportabile, poi
si decelera prima della parabolica De Rossi, dove il vento in faccia ti
costringe a chiudere gli occhi, infine in picchiata verso la doppia variante
Manolas, qui è troppo tardi per tornare indietro, impossibile desistere…tocca
andare giù in picchiata fino in fondo e sperare di trovare la vasca piena.
Tre curve, tre fischi
ravvicinati, uno splash meraviglioso, epico!

Uno schizzo immenso che lava via la delusione per la finale di Uefa con l’Inter, il gol dello Slavia Praga e fa deglutire tanti altri bocconi amari fermi da anni a soffocare la gola.

PS Che la competizione più bella
del mondo sia arbitrata da personaggetti di così bassa lega è uno scandalo ormai
intollerabile. Se in Italia si parla di sudditanza psicologica qui bisogna parlare
di servilismo, di vassallanza psicologica. E’ una situazione da risolvere
assolutamente, e Collina ha gravi colpe. Non posso pensare che non ci siano in
giro per le vaste pianure o nei complessi montuosi Europei arbitri migliori dei
due che hanno arbitrato questi quarti di finale. Mi riferisco anche al gol
annullato al City.
PPS Il mio parere è che la Roma
si sia spinta oltre le proprie forze, che sia stato bello finchè è durato. Ma
sbagliarsi ed, al culmine della gioia, ammettere di essersi sbagliati è una
sensazione bellissima.
Quindi Daje, non farmi smettere
Angelo Spada

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