Da grande voglio fare l’ esperto di Calciomercato!

E’ estate, impazza il calciomercato, a dire il vero va a rilento. Tante chiacchiere e poco più. Il Milan dei cinesi sconosciuti è la squadra che ha fino ad ora piazzato più colpi: Rodriguez, Musacchio, Kessie, Borini. Poi poca roba, la Roma ha preso due difensori, Moreno e Karsdorp, la Juve Schick, si muove qualcosa a livello di giovani nelle società più piccole. Non si fa che parlare di Donnarumma, come ha scritto Ciccio, chi cazzo è sto Donnarumma. Sono tutti indici della pochezza, ancora, ma chissà se a fine agosto sarà diverso, del tanto esaltato, commentato, televisionato e internettizzato CALCIOMERCATO. E’ l’ epoca dove star del calcio sono diventati i procuratori. I ragazzi sognano.. di diventare giornalisti esperti di CALCIOMERCATO!

 Diventano idoli di masse di giovani persone che stanno le ore al telefonino per scrivere per primi o dire in tv l’ imbeccata dell’ agente o dello scagnozzo che passa le giornate davanti agli hotel a pedinare l’ intermediario di questa o quella squadra. Sui canali satellitari appare spesso un viso che ha dello scimmiesco, bertuccia, non babbuino, pieno di tic. Sarà l’ennesimo raccomandato. Perché ragazzi che sognate un giorno di andare in tv, sperando di annunciare la firma del talento che sarà il nuovo Ibrahimovic, ricordate che chi arriva lì su, spesso non ci sta per meriti, ma per amicizie e parentele, madri compiacenti o concessioni orali e/o di orifizi. 
Quando ero bambino, sognavamo una punizione alla Maradona, un colpo di classe alla Platini, un gol impossibile alla Van Basten.  Tutto il calcio minuto per minuto era l’ unico modo se non potevi andare allo stadio per seguire, e immaginare attraverso le parole dei radiocronisti, le gesta dei nostri idoli. Poi c’era Paolo Valenti con la sua squadra a mostrarci alle sei i gol! Quando ero bambino, diretta gol era il mio sogno, ho nitido il ricordo di come immaginavo Ameri, Ciotti, Everardo Della Noce, Ezio Luzzi e compagnia passarsi la linea in tv.
Crescendo il sogno si è avverato,  raccontare a mio figlio ciò che ora è scontato lo lascia stupito, per non parlare del fatto che quando ero bambino non c’era internet e tanto meno i telefonini!
La tecnologia porta progresso, aumenta il benessere, non c’è dubbio. Forse toglie un po’ d’animo a quello che era prima manufatto. Ma nel complesso è sempre positiva. La digitalizzazione e la diffusione della rete permette tutti noi di avere tante informazioni e servizi a disposizione, ma questo è un discorso ampio e complesso,  stavo parlando di calcio!
Il calcio è per per me il dribbling che inganna e disorienta l’ avversario, il tiro imparabile che spiazza portieri e difensori. Il recupero in scivolata dopo la rincorsa di un avversario che sta correndo verso la porta. L’ emozione personale e collettiva, della vittoria della propria squadra, ma anche la sofferenza della sconfitta. Perché in fondo non c’è giorno senza notte, non c’è freddo senza caldo.
Quando guardo una partita con mio figlio cerco di capire cosa gli interessa del calcio. Purtroppo gli ho contagiato la passione, non solo per giocare ma anche da seguire. Se mi fermo a pensarci mi sento in colpa, avrei preferito trasmettergli l’ interesse per la fisica o la zoologia, ma ahimè, così è, spero che approfondisca interessi più “alti”, aldilà del mio esempio. Quello che mi stupisce è che pur avendo solo otto anni è un esperto del merchandising. Conosce a perfezione i tipi di magliette indossate dai calciatori, gli scarpini, per marca colore o modello indossato da questo o quello, e se mi capita di esaltarmi per un gesto tecnico, mi giro verso di lui per capire se anche lui ne è entusiasta, se lo guarda per ripeterlo anche lui nei tornei che fa con la sua squadra della parrocchia, ma niente. “Papà!” ,aprendo il sito della nike:”Io voglio questi scarpini!!”
La nostra vita è diventata tutta commerciale, lo sport, il calcio in particolare è sempre più un mezzo per vendere prodotti. Lo stadio era un posto dove si andava con un po’ di timore e con gli occhi ben aperti, non ci sono ancora del tutto riusciti, ma sempre più sta diventando una sala cinematografica a cielo aperto. Dagli anni 90 molte tifoserie hanno condiviso il coro e lo slogan no al calcio moderno, no alla pay tv. 
La possibilità di rendere virtuale lo stadio e trasmettere non solo ai 60/70/80 mila spettatori le gesta degli interpreti del gioco più diffuso del mondo, ha inevitabilmente commercializzato quello che era un ambito sopratutto popolare e spontaneistico. 
Si, per me che ho iniziato a frequentare lo stadio negli anni ottanta, ora lo trovo noioso. Mai avrei pensato che accanto a me invece che cantare, strillare, insultare gli avversari, mi sarei trovato migliaia di cameraman e fotografi senza pettorina gialla. 
Nonostante ciò ora che non c’è il campionato mi manca. Mi manca la partita, le coppe, l’ ansia del risultato e della classifica. Spesso sembra tutto deciso a tavolino, nel mondo del pallone ci sono tanti e tali interessi economici che sembra assurdo poter escludere che non sia una competizione al 100% sportiva. Ma questa malattia rimane, viva, nonostante tutto.
Da questi signori in giacca e cravatta che parlano di compravendita di giocatori spero nell’ annuncio di Messi e CR7 per la mia squadra, non arriverà mai. Ma d’altronde blaterano con piglio serio ogni giorno come fossero depositari del segreto di Fatima, eppoi senza batter ciglio, Il Milan, ad esempio, annuncia l’ acquisto di Borini, senza che nessun parolaio ne avesse mai accennato. 
Chi come me vive di passioni avrà sempre un approccio “romantico” al gioco e alla rivalità. Le generazioni future difficile che proveranno questo tipo di emozioni. Viva il calcio, ma morte al calcio. Sperando che riusciremo a sostituirlo nel nostro immaginario collettivo con qualcosa che faccia nascere sentimenti spontanei e non indotti da esperti di comunicazione che ci spingono a aprire il portafoglio, anzi a inserire nel form il numero di carta e il ccv.

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