Descrivere con le parole quello che è stato Francesco Totti è impossibile. In riferimento ai grandi del passato, ho sentito spesso frasi del tipo “se non sei vissuto nel suo periodo storico, se non l’hai mai visto giocare, non ne potrai mai capire la grandezza effettiva”: mio nonno parlava così di Rivera, mio padre non era da meno mentre mi raccontava le gesta di Baggio ad “Italia ‘90”, io molto probabilmente farò lo stesso con i miei figli citando il capitano giallorosso.
Ho avuto la fortuna di assistere al bellissimo saluto che i tifosi juventini hanno riservato a Del Piero e, a mano a mano che passavano gli anni, mi sono sempre chiesto come sarebbe stato l’addio al mio capitano. Quel giorno è purtroppo arrivato ma devo riconoscere che “ce l’hai fatta sudà” Francè: non ti sei mai voluto rassegnare al tempo che, inesorabilmente, scorre senza sosta e cerca, invano, di assopire ogni attimo glorioso della tua scintillante carriera.
Sei stato, per certi versi, un esempio da seguire, un modello. Hai espresso e difeso valori che ogni sportivo dovrebbe conservare e portare con sé nel lungo percorso della sua esistenza: ci hai insegnato che l’amore incondizionato verso un popolo, ricambiato e amplificato al punto da sfociare – per molti- in idolatria, vale più di qualsiasi successo personale. Ci hai insegnato che i momenti difficili possono colpire chiunque ma adagiarsi al “quello che viene mi prendo” è solo il modo più rapido e indolore di avvicinarsi al fallimento: a te non è mai piaciuto perdere né, tantomeno, potevi accontentarti di concludere la tua carriera seduto senza mettere la tua firma quando era richiesto.
Richiesto, si. Perché molti non hanno capito che tu non hai mai chiesto di giocare con continuità.
Hai appena tenuto un’intervista straziante alla Rai. Un’intervista non alla Totti, in cui il collegamento si interrompeva sempre con una tua battuta che metteva d’accordo tutti. Questa volta hai chiesto rispetto, hai preteso considerazione. Ti sei sentito ospite in casa tua e non ci stavi a passare per estraneo di fronte ai tuoi tifosi, ai tuoi figli. Le lacrime in tribuna in quel Roma-Palermo ne sono la testimonianza: eri consapevole che tutto sarebbe potuto finire da un momento all’altro e volevi un’ultima occasione per dimostrare il tuo valore e il tuo attaccamento a questi colori. In un mondo, quello del calcio, in cui la riconoscenza sembra ormai essere un valore che non appartiene più a nessuno, tu te la sei guadagnata -come se ce ne fosse stato bisogno, chiariamoci- sul campo: il gol all’Atalanta, la doppietta al Torino e il rigore alla Sampdoria nel corso dell’annata appena trascorsa. Nel mezzo altri mille palloni lanciati a occhi chiusi e tante emozioni.
Ma tu Capità, hai dato tanto a tutti: hai incantato con le tue giocate il mondo intero e ci hai fatto esplodere di gioia con quel rigore al Mondiale contro l’Australia, hai sfruttato la tua immagine per numerose campagne di sensibilizzazione, per i terremotati di Haiti e del Nepal, contro il bullismo e l’aids e per la liberazione di Sakineh Mohammadi Ashtiani, la donna iraniana condannata alla lapidazione per adulterio nel 2006. Sei ambasciatore dell’Unicef dal 2003 e in beneficienza hai donato tutti i proventi ottenuti dalla vendita dei tuoi libri di barzellette, dall’esclusiva concessa a Sky per le immagini del tuo matrimonio, dai cachet percepiti per le comparsate televisive al Festival di Sanremo (per i terremotati del centro Italia) e al Grande Fratello. Neanche te lo immagini quanto sei stato grande Francè!
Se non sei romanista questo legame viscerale con il simbolo di un’intera città può sembrarti insensato, potresti non riuscire a capire. O, per l’appunto, forse no. Perché Totti è un po’ in ognuno di noi: è Totti il bambino che sta tirando calci al pallone e non vuole tornare a casa la sera quando la mamma lo chiama perché è pronta la cena, è Totti l’adolescente che si fidanza con la ragazza che ha sempre sognato e sente ogni giorno quella voglia matta di non separarsi mai dal suo primo amore, è Totti l’uomo che cerca di cogliere quell’opportunità, che tenta ancora una volta di saltare su quel treno in corsa, con l’intenzione di voler dimostrare a se stesso che può ancora farcela contro i suoi limiti e le sue paure. Si può essere Totti in ogni momento della nostra vita, perché Totti è di tutti e lo sarà per sempre.
Di Davide Angelozzi
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