ROMA, Perotti: “Segnare mi viene difficile non vedo la porta come gli altri. Roma? Amo questa città”.


L’ala sinistra della Roma si è concesso ad una lunga intervista su Sportweek il settimanale della Gazzetta dello Sport. Ecco le sue parole sulla Roma, sui gol e due mostri sacri come Riquelme e Totti.


Diego Perotti si sente legato alla capitale e non teme le pressioni dell’ambiente. 
“Sono innamorato di Roma e mia moglie non si vede in nessun altro posto” ha detto l’argentino in una intervista rilasciata a ‘Sportweek’, il settimanale della Gazzetta dello Sport. “Roma è una città che ti dà pressione. Ma è una pressione che deve stimolarti, non impaurirti. Sono argentino e conosco i tifosi del Boca: qui è uguale. Non puoi accontentarti del piazzamento, devi alzare un trofeo. Ma credo che nessuno di noi se la faccia addosso. Fazio, per esempio: io sono in camera con lui. La sera appoggia la testa sul cuscino e dorme all’istante. Sono io quello che fa un paio di giri della stanza”.
Perotti è fiducioso nel futuro in giallorosso: 
“Penso che il meglio deve ancora venire e spero infatti che questo non sia il mio massimo livello. Ma è stato difficile arrivare fino a qua e, se guardo indietro, non posso che essere contento di quello che ho fatto”.
Rispetto ai tempi del Genoa lei punta di più la porta: è una crescita sua o glielo ha chiesto Spalletti?
“Se devo essere sincero. tanti allenatori mi hanno chiesto di tirare di più. Non dovrei dirlo, ma segnare mi viene difficile. E non voglio che diventi un’ossessione altrimenti è peggio. Certe volte vedo dei colleghi che tirano da posizioni per me impossibili e penso: “Ma come fa a vedere la porta? Io non la vedo”. Per me è naturale servire l’assist anche quando sarebbe più facile tirare”.
II numero dieci che ha tatuato suI collo rappresenta il numero di maglia che non osa chiedere a Totti?
“La verità è che questo tatuaggio ne copre un altro, un bacio che non era venuto bene. Il 10 è un numero che mi piace fin da piccolo, ma non c’entra con Totti: non mi permetterei mai di chiederlo, per rispetto suo e della Roma”.
Ma lei si sente l’erede del capitano, almeno per capacità tecniche?
“No. Ho avuti la fortuna di giocare con Riquelme e con Totti ed è frustrante vederli calciare ogni giorno e sapere di non poter mai neanche avvicinare il loro talento. E’ come una barriera che ti separa da loro e sai che non potrai mai scavalcarla”.
Con Totti siate amici?
“Non andiamo a cena insieme ma parliamo di calcio. Mi piace fargli qualche domanda, ma cerco di non scocciarlo più di tanto. Verso determinati giocatori ho un rispetto particolare”.
Lui e Spalletti si sono schierati per il nuovo stadio: è fondamentale?
“Sì, vorrei avere i tifosi più vicini al campo. Forse non lo scudetto, ma sicuramente avremmo qualche punto in più”.
La frase che accompagna il suo profilo Twitter recita: “Guadagnare il rispetto degli altri avendo il coraggio di essere se stessi”…
“E’ del Dr. House, quello della serie tv”.
Lei è sempre rimasto se stesso?
“No. E’ un’impresa difficile da realizzare. Ma ci ho provato, e per questo ho scelto quella frase”.
E in quali occasioni non è rimasto fedele alla sua personalità?
“La gente pensa che essere figlio di un grande calciatore ti faciliti le cose, se decidi di seguire la stessa strada. Non è così. Io sono arrivato ragazzino al Boca, dove mio padre aveva vinto tutto, e mi sentivo dire che se stavo lì, era solo perché ero raccomandato. Questo mi ha reso diverso da com’ero, più chiuso, diffidente…”.
Si è scritto di Perotti introverso, conferma?
“Posso dare questa impressione davanti a una telecamera. ma nello spogliatoio e in casa sono uno che gioca. Anche troppo. Faccio gli scherzi. I dispetti”.




a cura di
Jonathan Manca

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