Alla vigilia del match era molto difficile immaginare un esito dell’incontro che si allontanasse dalla vittoria della squadra di casa. Lo era per una serie di fattori che risulta inutile elencare ma i cui pilastri erano il periodo d’oro dell’una e quello nero dell’altra. Fatta questa premessa, tenendo sempre a mente che il calcio è fatto per smentire gli addetti ai lavori, i primi 25 minuti di Napoli-Genoa hanno evidenziato un potenziale nascosto che quasi stava per sovvertire le fondamenta su cui si basava l’incontro, facendo sorprendere anche i tifosi genoani di quanto viva sia la forza del Grifo.
Lo ripeteva da una settimana Ivan Juric “O li prendi alti o ti chiudi in difesa sperando che sbaglino qualcosa“. E in pieno stile Pirata la squadra decide di essere padrona del proprio destino per la prima mezz’ora dell’incontro con una manovra molto organizzata grazie al ritorno di Veloso; con il dinamismo delle ali, prodighe nei ripiegamenti e sempre propositive nello spingere e con Palladino che rende sempre onore alla casacca. Ottimo il possesso palla e i ritorni dei metronomi Veloso e Rigoni che sono una manna dal cielo per il Grifone: in particolare la presenza del portoghese è fondamentale per Laxalt, Lazovic e Hiljemark, che in cabina di regia spesso si trova a disagio. L’uruguaiano, tra i migliori per spirito combattente e agonismo, argina, con l’aiuto di Palladino, le incursioni di Maggio; il serbo Lazovic invece si francobolla a qualsiasi maglia bianca passi dalla sua fascia, sia essa quella di Ghoulam o Insigne. Il numero 44 è il collante tra la difesa e il centrocampo e la sua perdita, attendendo gli esami per conoscere l’entità dell’infortunio, sarà una nuova grana per Juric. L’assenza dell’ex Dinamo Kiev coincide con il tracollo rossoblù. Gli inserimenti partenopei si fanno più frequenti e tra una chiusura in extremis e qualche errore offensivo degli uomini di Sarri, si va a riposo sullo zero a zero. Un Genoa in grande spolvero per mezz’ora, ma la cui parabola sembra segnata dai rischi corsi nei minuti finali della frazione appena conclusa.
La ripresa, infatti, ha un altro copione. Il vantaggio campano firmato Zielinsky taglia gambe e idee. Il Napoli alza l’intensità del gioco e il Grifone si allunga. Simeone, che riceve solo lanci lunghi e alti, deve fare i conti con i due centrali avversari, Koulibaly e Albiol, rispettivamente 1,95m e 1,9m, e non riesce mai a pungere. Anche i raddoppi di marcatura si fanno più rari e, in uno dei pochi uno contro uno concessi a Dries Mertens, il Napoli sigilla l’incontro con Giaccherini. Non serve a nulla l’entrata in campo di Adel Taarabt, anche lui non al meglio.
Oltre al rammarico per gli infortuni di Gentiletti, problema alla caviglia, e di Veloso, si paventa una ricaduta muscolare, ancora una volta l’analisi del match parla di una squadra che entra in campo con la motivazione e la spinta giusta, con l’organizzazione mentale e la forma fisica migliori, ma che si perde per non ritrovarsi più, dimenticando le proprie qualità. Questa volta Juric dovrà lavorare sulla gestione delle forze durante l’intera partita; l’impressione è stata quella di osservare un gruppo che parte in quinta ma che finisce subito la benzina, ritrovandosi in prima e anche in salita. I segnali per un ritorno ai tanto agognati tre punti sono confortanti, al campo le risposte.