FOCUS GENOA: Il Pirata e una barca che affonda.

L’apice di una crisi senza fine, l’ottava e più sonora
sconfitta degli ultimi dieci incontri: Pescara-Genoa
doveva essere la partita del riscatto ligure ma si è dimostrata la più grande
disfatta della gestione Juric,
sugellando di fatto la fine di una storia che si era preannunciata idilliaca a
inizio stagione, ma che è diventata, negli ultimi due mesi, un vero e proprio
incubo. Ha colpe Juric, e insieme a lui le ha tutta la squadra, che ha smesso di
seguirlo. Non esistono altre spiegazioni per giustificare una partita che
racchiude in sé tutto il peggio degli ultimi incontri genoani. 
La difesa. A
guardare le statistiche di inizio campionato ci si chiede se si sogna o si è desti. I numeri dicevano
infatti che il terzetto arretrato era
tra i migliori d’Europa
e, con tanta compattezza dietro, anche il reparto
avanzato prende coraggio. Oggi invece i difensori rossoblù, oltre a manifestare
una mancanza di lucidità, sono il simbolo della sfiducia che opprime l’intera
squadra, costellata da errori individuali che vanno oltre la tattica e il
modulo. Orban, sciaguratamente in
balia delle proprie insicurezze, non chiude una partita senza errori da tempo
immemore, ed è lui a dare il via alla catastrofica girandola degli errori del
Genoa.  Oltre all’autogol l’argentino
tiene in gioco Caprari sulla seconda rete, osserva la sfera passare sotto le
sue gambe sulla terza, si avventura palla al piede, perdendola, sugli sviluppi
della quarta marcatura. Doveva far meglio di Munoz, ha fatto molto peggio. Non esente da colpe è anche Nicolas Burdisso, il capitano della
barca che affonda. Tanti gol subiti dal Genoa traggono origine dalle sue parti
e l’argentino, all’alba dei 36 anni, sale sul banco degli imputati che, a fine
stagione, dovranno fare mea culpa.
Cerri gli fa mangiare la polvere dell’Adriatico sul vantaggio abruzzese e sul
quinto lo sovrasta fisicamente con una spallata che, il vero Leon, avrebbe incassato senza problemi e rispedito al mittente.
Non tiene quasi mai il passo dei ragazzi di Zeman e diventa protagonista anche
lui della domenica nera. A Laxalt
viene chiesto di fare il terzino proprio per sopperire alla mancanza di
velocità lì dietro; non è un ruolo a lui congeniale e lo si vede. Giocatore di
spicco nella passata stagione e all’inizio di quella in corso, ha subito un’involuzione
costante ed esponenziale, figlia di un entusiasmo collettivo che si è spento lentamente.
Il resto viene da sé. I centrali davanti alla retroguardia
servono a poco: Hiljemark non si è
mai adattato al lavoro di interdizione e Cataldi
a quello di costruzione. E di questo dalla panchina se ne accorgono sul 2 a 0,
con Pandev che va a prendere il
posto di Rigoni e il numero 30,
prestazione pallida la sua, nel suo ruolo originario. Lazovic sulla fascia destra trova spesso gli spazi ma mai la
precisione giusta per servire i compagni. Simeone,
se non viene servito, non può nulla, e il modulo a doppio trequartista trova a
Pescara la sua sconfitta definitiva. Mai pericoloso, mai costruttivo e mai
avvolgente. Quella che dovrebbe essere un macchina sforna assist per il suo
attaccante boa, si è inceppata, e pare che non ci sia antidoto in grado di
salvarla.
Sembra ormai una storia ai titoli di coda quella tra Ivan Juric,
la sua idea di gioco, e il Genoa.  La sua ciurma si è ammutinata, mentre la certezza è che il tesoro della prima parte della
stagione altro non sia stato che un’illusione.

Leggi QUI il comunicato del Genoa CFC sull’esonero di Juric

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