La deadline del 31 gennaio rappresenta da sempre una data che fa tirare un grande sospiro di sollievo ad allenatori e addetti ai lavori. Niente più giocatori distratti, con la testa ad una chiamata che può arrivare, mancate convocazioni per trattative in divenire, riposi cautelativi spacciati come infortuni. Insomma, un vero caos. Per i tifosi invece le cose cambiano: si spera sempre nella corsa attraverso i cronisti per depositare il contratto di un giocatore “chiuso” all’ultimo minuto. Per il Torino il calciomercato era iniziato davvero con il botto, l’affare Iturbe fatto nei primi giorni di apertura della sessione cosiddetta di riparazione, lasciava presagire che a gennaio ci sarebbe stato un vero rafforzamento della squadra. Col senno di poi non è azzardato definire che è stata un’illusione non supportata dai fatti. Un giudizio severo e prematuro ? Beh, vedremo, ma il vero punto su cui focalizzare la riflessione non riguarda tanto i nomi degli arrivi quanto le posizioni tattiche che andavano rinforzate per poter puntellare la squadra. Un esterno d’attacco come Iturbe può rappresentare una scommessa eventualmente da vincere, e ci sta, le priorità però erano altre. A cominciare dal difensore centrale tanto agognato viste le difficoltà palesate dal pacchetto arretrato di Mihajlovic e il mancato inserimento di Ajeti nel roster degli aventi diritto a calcare il terreno di gioco. Scelte dell’allenatore indiscutibili visto che monitora i suoi uomini ogni giorno, ecco quindi Carlao, difensore trentunenne brasiliano con un passato in Francia e all’Apoel Nicosia, squadra da cui è stato prelevato. Non arriva con le credenziali di Thiago Silva e forse ci sarà un perché. Se l’obiettivo era svecchiare allora bene la cessione di Bovo ma il sostituto avrebbe dovuto avere caratteristiche leggermente diverse. Ma forse è il male minore se paragonato al vero e proprio bluff per il centrocampista inseguito da inizio sessione e mai arrivato. Partiamo dalle esigenze per poi arrivare ai nomi: l’identikit indicato da Mihajlovic raffigurava una mezzala di gamba possibilmente anche capace di inserimenti in zona gol. Sfumato Hiljemark, accasatosi al Genoa e nemmeno poi tanto confacente alla figura ricercata, troppo caro o incedibile Donsah, il nome giusto pareva essere Lucas Castro. La trattativa c’è stata ma la forbice fra domanda e offerta non è stata colmata e quindi il nulla di fatto. Troppo facile fare i ricchi con i soldi degli altri, per non dirla in modo più colorito ma certamente più efficace, ma uno sforzo in questo caso sarebbe stato utilissimo per un calciatore molto gradito al tecnico e già pronto all’uso per conoscenza del calcio italiano. La gara con l’Atalanta avrebbe dovuto fare scuola visto l’ennesimo infortunio di Obi dopo l’uscita del quale si è spenta la luce. E non perché il nigeriano sia un fenomeno, ma Baselli in questo momento non può essere l’uomo che prende per mano la squadra e la trascina al risultato. Nel calcio non basta essere in possesso di ottima tecnica, servono anche qualità come la tenacia e la voglia di non arrendersi mai. I limiti espressi da Baselli sotto questo punto di vista necessitavano di essere colmati. A centrocampo è arrivato Remacle, giovane centrocampista belga che dubitiamo possa essere un profilo utilizzabile nell’immediato. Il Toro versione 2016-17 resta ormai così in una stagione iniziata fra proclami ed esaltazione sul campo, la speranza è che la squadra ritrovi il ritmo di inizio campionato pur conservando i dubbi per un mercato apatico e mal calibrato.
A cura di Paolo Cassano