Fabio Quagliarella nel post Samp Cagliari parla della brutta vicenda di ricatto di cui è stato vittima negli ultimi anni.
INCUBO DURATO 5 ANNI
“Ho vissuto 4/5 anni da incubo. Non poter essere sereno fuori dal campo io e la mia famiglia è dura. Quando sono andato via da Napoli sono state dette infamità e cattiverie. L’ unica causa perché sia andato via è questa. Dopo tanti anni è finita. Devo ringraziare la Giustizia, hanno fatto un ottimo lavoro. Dare 4 anni e 8 mesi a un poliziotto significa che avevamo ragione. Ho vissuto questo male io e la mia famiglia. Ho cercato di concentrarmi sul campo, poi la gente non sa molte cose, ma è giusto così perché siamo pagati profumatamente. Ci siamo tolti un peso enorme, perché è dura”.
ACCUSE E ADDIO DA NAPOLI
“Mi avevano accusato di Camorra, pedofilia, calcio scommesse, droga. Quando non puoi parlare e dire la tua e senti tutti che parlano e tu devi stare zitto perché ci sono delle indagini. Io non volevo andare via da Napoli, Stavo da Dio, ero tornato a casa dopo 12 anni, stavo con la mia famiglia .Non c’era nessun motivo. La causa è stata semplicemente questa. Ho scritto un post su facebook per spiegarmi. Non lo auguro a nessuno, tutti abbiamo diritto di vivere una vita libera e serena. Non poter uscire di casa, sentirsi minacciati io e la mia famiglia. Sentire tante cattiverie dopo il mio addio a Napoli. Questa è una mia grande soddisfazione, un giudice ci ha ridato serenità a me e alla mia famiglia”.
LE PAROLE DI IERI PUBBLICATE DA QUAGLIARELLA SUL SUO PROFILO FACEBOOK
Credetemi, non sono stati anni facili. Per me, per la mia famiglia, per gli amici. Una situazione nella quale sai di essere nella ragione, sai di non aver fatto nulla, sai che tante cose sono state dette e scritte senza conoscere la verità. Il tutto a casa mia, dove sono nato e cresciuto, dove ho mosso i primi passi e dove ancora oggi vive la mia famiglia. Ho vissuto per anni con questa immensa bolla di cattiveria e disonestà, anni in cui dovevo far attenzione anche alle parole che usavo, non potevo fare molto, solo aspettare che la giustizia facesse il suo corso. Ci ho sperato e creduto dal primo giorno e ieri, venerdì 17 Febbraio, si è arrivati finalmente alla conclusione di questa brutta vicenda che mi ha visto coinvolto, giustizia è stata fatta. Ora con orgoglio posso dire che mi sento davvero più leggero, più sollevato. Tutto ciò non ha mai intaccato la mia professione e la mia professionalità, però la maglia la indossa sempre un uomo, con i suoi valori, con i suoi sentimenti e con la sua sensibilità. Adesso posso garantirvi che mentalmente sono davvero sereno. Ringrazio tutti quelli che, conoscendomi, non hanno mai dubitato e hanno atteso, insieme a me, il responso definitivo della sentenza.
LA RISCOSTRUZIONE DELLA VICENDA
Quattro anni di carcere per il poliziotto stalker. Condannato per avere rovinato la vita a tanti finiti nel mirino dei suoi ricatti. False foto, messaggi e mail per infangare Fabio Quagliarella e tanti professionisti stabiesi di cui si fingeva amico. Dopo ore di camera di consiglio arriva la condanna per Raffaele Piccolo, per lui scattano anche cinque anni di interdizione dai pubblici uffici e un sequestro cautelativo dei beni. La sua vittima più celebre, il bomber che allora giocava in nazionale, ha chiesto infatti anche 500 mila euro di risarcimento danni per avergli rovinato la vita dal 2006 al 2010. Cinque gli anni che aveva chiesto il Pm Roberta Aprea, uno in più di quanto stabilito con una sentenza arrivata oggi pomeriggio per una storia che ha visto il bomber e anche il cantante Guido Lembo inconsapevoli protagonisti di una trama da film. Al punto che Quagliarella ha deciso di testimoniare in aula per raccontare una storia da cancellare. «Quelle lettere in cui era scritto che ero un camorrista e un pedofilo arrivarono anche a Castel Volturno. Da quel momento il presidente Aurelio De Laurentiis prima smise di telefonarmi, poi mi chiese di andare a vivere nel centro sportivo, infine mi ha venduto alla Juventus. Sono sempre più convinto che fosse questo il motivo, anche perché non ho mai chiesto di essere ceduto» ha raccontato in aula al Tribunale di Torre Annunziata, prima che il processo arrivasse alle battute finali con la requisitoria del pm di oggi. Il corvo stabiese, secondo il pm Barbara Aprea della Procura di Torre Annunziata, sarebbe l’autore delle lettere diffamatorie e minacciose giunte alla sede del Napoli, ma prima ancora all’Udinese e poi alla Juventus. Ma quelle foto e mail che provavano a infangare la vita di spettabili professionisti avrebbero reso la vita difficile ad una decina di altre vittime come avvocati, medici e politici. Secondo l’accusa il suo piano diabolico funzionava creando ad arte questa trama con foto taroccate, lettere anonime e mail finte poi si faceva avanti, fingendo di volere dare una mano come amico per dipanare l’intricata matassa. Nella terza fase scattava la richiesta di favori come contropartita. Ovviamente bersaglio principale negli anni è stato proprio il noto giocatore e suo padre Vittorio. Adesso la sentenza è arrivata. A mettere il punto a questa storia ci hanno pensato i magistrati di Torre Annunziata.