Un’ approfondimento sulle cause della disfatta del nostro calcio disfatta e qualche “ricetta” per tentare di rialzarlo
L’ Italia, ormai da anni, è un paese con la scritta guasto affissa sulla porta. Il collasso sociale, culturale e politico si è riversato, ovviamente, anche nel calcio, che è esattamente lo specchio di questo paese “rotto”, privato della sua identità e dei suoi valori storici. Una nazione, la nostra, stroncata da un progresso che non l’ ha progredita. Ragazzi di questa terra rimpiccioliti, anche in età adulta, dalle dinamiche infantili di questi social network, da cui viene assorbito il lato più ‘misero’ e superficiale. Figli di una nazione che non attendono più l’ evento, non lo sognano, non lo desiderano; raggomitolati, inermi e annoiati , con il loro cellulare o il loro “tablet” , immersi come sono tra mondi virtuali che li rende disagiati all’ interno di un mondo reale, quello delle strette di mano, degli sguardi tra veri uomini, sempre meno presenti.
Un declino generale che ha raggiunto il suo culmine anche nel calcio. Adesso non sto qui a raccontarvi che è colpa di Ventura perché non ha schierato Insigne, piuttosto che è per il fatto che non ha giocato col 4-3-3 che siamo stati eliminati; queste sono parole che il vento porta via, proprio come la Svezia (una squadra davvero modesta) ha portato via il mondiale agli azzurri ( e a 55 milioni di italiani) con l’ unico gol fatto in 180 minuti.
I problemi sono da ricercare in un modello “sociale” malato, inceppato. Ragazzini che tali restano anche in età avanzata, che non riescono ad assumersi le proprie responsabilità, che non riescono più ad esprimere la propria “mascolinità”. Il calcio, anche il nostro amato calcio, è vittima di questo regresso sociale che ha determinato il regresso della singola persona, che a sua volta ha determinato un “abbassamento di livello” collettivo.
Il calcio italiano non è altro che il frutto di questo decadimento, la logica e ovvia conseguenza di questa “asfissia” culturale, e non solo. La colpa è sicuramente anche di chi è un po’ più grande, che ha “viziato” i propri figli e che non li ha responsabilizzati già da piccolini. L’ Italia è un paese anziano e di anziani che ha deciso, entrando in un meccanismo autolesionista, di non “rafforzare” la figura del giovane, non ponendolo difronte alle responsabilità, coccolandolo e proteggendolo fino a renderlo poco indipendente e incapace di essere “uomo” e agire da tale. Di certo non aiutano la politica, le regole vigenti, la cultura e la mentalità assorbita da questo nostro caro paese in difficoltà. Anziani attaccati alle loro poltrone lavorative (anche per “necessita’”), carnefici e vittime di un sistema ormai da mettere in archivio, che, tra l’altro, ha sempre più mostrato un lato “esterofilo” sminuendo, ingiustamente, il proprio lato. Intanto, i nostri ragazzi restano indietro sul piano della personalità, e i risultati (rientrando nello specifico) si vedono anche nel calcio, che ci ha messo anche del suo per arrivare a questo scempio, senza ombra alcuna di dubbio. Questo “crack” calcistico è purtroppo figlio di questa crisi “quasi totale” che affligge il Paese, ma è anche figlia di un organizzazione “retrogada” e confusionaria del calcio stesso. E dato che questo sito si occupa più che altro di calcio (o meglio) anche di calcio, non si può avere la presunzione di trovare i medicinali giusti per guarire da un punto di visto sociale e politico, ovviamente. Ad onore del vero non si potrebbe averne neanche per risolvere il problema del calcio, ma forse qualche consiglio e qualche “ricetta” per risollevarsi almeno sotto un aspetto prettamente “tecnico”, non volendomi addentrare in argomenti di natura economica e finanziaria, si potrebbe quantomeno provare a dare. Partiamo dal presupposto che per avere “calciatori” migliori ci vogliono “uomini” migliori, e questo dipende esclusivamente da un progresso “sociale”; ma se la mettiamo su un punto di vista calcistico, e non oltre, va detto senza giri di parole che il calcio italiano va rifondato culturalmente, alle proprie radici. Ci sarebbe un lavoro da svolgere già dai “pulcini” .Bisognerebbe lavorare sui bambini, facendoli divertire col pallone, dando sfogo al loro talento, valorizzandone l’individualità. Bisognerebbe abituarli a confronti uno contro uno in modo continuo, assiduo. Ciò perché è necessario formare bambini che sappiano dare del tu al pallone, perché il problema principale del calcio italiano moderno, oltre alla mancanza di personalità, è anche questa carestia di giocatori forti tecnicamente, ma soprattutto nello smarcarsi in dribbling, nel superare l’ uomo. Questo già sarebbe un primo passo importante, giusto; anche per avvicinarsi alla cultura “vincente” che si sono date nazionali come Spagna e Germania. Ci vogliono (nelle sedi giuste) uomini “moderni”, innovativi, e sarebbe necessario un progetto valido, intelligente, il quale potrebbe andare dalla valorizzazione “tecnica” e “morale” del bambino a un lavoro efficace sulle strutture, modernizzandole e migliorandole. Andrebbero curati, con maggiore meticolosità i settori minori come la serie D e la serie C, cercando di puntare e credere su giocatori italiani di quelle categorie, piuttosto che seguire questa moda “esterofila”di andare a prendere e “tatticizzare” ragazzi stranieri, che saranno pure bravi ma non credo abbiano nulla di speciale in più rispetto ai nostri ragazzi. Bisogna credere nei nostri figli, responsabilizzarli e trasmettergli il giusto entusiasmo e, soprattutto, valori sani e genuini che purtroppo in questa epoca particolare stanno venendo a mancare. Il calcio migliora se la società migliora, rimbocchiamoci tutte le maniche, mettiamoci a lavoro e cerchiamo di rialzarci senza improvvisazioni, senza costruire castelli di sabbia. Si può….dobbiamo!
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